OSSERVATORIO CERA DI CUPRA 2015 – PARI OPPORTUNITÀ: UN’EDUCAZIONE LIBERA DA STEREOTIPI

OSSERVATORIO CERA DI CUPRA 2015 – PARI OPPORTUNITÀ: UN’EDUCAZIONE LIBERA DA STEREOTIPI

Il progetto Osservatorio Cera di Cupra nasce nel 2008 dalla volontà del marchio Cera di Cupra, che da 50 anni è ‘dalla parte delle donne’, di monitorare l’evoluzione del ruolo femminile con l’obiettivo di rilevare il vissuto delle donne rispetto ad alcuni aspetti salienti della loro posizione sociale, familiare e professionale.

La sesta edizione del progetto torna al tema delle pari opportunità ritrovando una società diversa rispetto alla prima edizione (2008), una società più matura, completa, in cui le donne hanno guadagnato terreno in termini di opportunità, soddisfazione e ruolo sociale. Ma la strada della parità sembra essere ancora in salita a causa del persistere di una mentalità diffusa che fatica a svincolarsi dalla gabbia degli stereotipi di genere. L’edizione 2015 del progetto Osservatorio Cera di Cupra muove quindi proprio da questa domanda: le donne sono davvero pronte al cambiamento, ad accettare quella interscambiabilità di ruoli che presuppone il superamento della distinzione tra ‘cose da uomo’ e ‘cose da donna’, imprescindibile per approdare ad una società evoluta? O sono esse stesse intrappolate nella gabbia degli stereotipi di genere e ne sono quindi portatrici sane (consapevoli o meno di esserlo)?

Osservatorio Cera di Cupra sesta edizione affronta quindi il tema ‘Pari Opportunità: un’educazione libera da stereotipi’ attraverso un’indagine socio antropologica condotta da Eikon Strategic Consulting per scoprire il punto di vista degli Italiani in merito al tema dell’identità di genere.

Identità di genere e stereotipi: cosa pensano gli Italiani?

L’indagine, attraverso il metodo della narrazione, chiede al campione di immaginare una storia con protagonisti un uomo e una donna che vivono fasi tipiche della vita personale e professionale. Il dato che emerge come costante è una sostanziale vicinanza nelle percezioni di uomini e donne, a dimostrazione del fatto che i percorsi del femminile e del maschile passano da visioni degli obiettivi condivise e non antagoniste.

Altro punto chiave è la constatazione di come alcune delle rappresentazioni sui tradizionali ruoli di genere sembrino ancora profondamente radicate e difficili da modificare, anche (e soprattutto) nella popolazione femminile, ad esempio:

La professione immaginata più spesso per la protagonista donna è quella dell’impiegata o dell’insegnante (lo pensano circa il 40% degli intervistati sia di sesso maschile che femminile) mentre molto basse sono le percentuali con cui entrambi i sessi indicano una professione meno tradizionale, come l’imprenditrice, il medico o l’informatica (le donne con percentuali minori rispetto al campione maschile).

Il desiderio del matrimonio è attribuito alla donna dalla grande maggioranza del campione sia maschile (52,8%) che femminile (43,4%), mentre all’uomo si attribuisce maggiormente il desiderio di convivere (lo pensano le donne nel 49,2% e gli uomini nel 53,6% del campione). Una rappresentazione che colloca decisamente il femminile dal lato della stabilità, della continuità, dell’istituto della famiglia intesa in senso più tradizionale.

Nella conduzione della vita domestica, c’è apertura a ruoli più simmetrici nella coppia: tranne che per lo stirare che è ancora una peculiarità tutta femminile (sia per il campione maschile 69,5% che ancor più per quello femminile con il 76,5%) , uomo e donna  collaborano facendo ‘insieme’ per la maggioranza del campione maschile e femminile. L’opzione che sia l’uomo a fare da solo però, raccoglie percentuali molto basse, quelle del campione femminile addirittura più basse di quello maschile.  Per non essere «minaccioso», il lavoro in casa maschile sembra dover essere mediato dal femminile: il «fare insieme», non l’uomo da solo. L’uomo casalingo resta un ossimoro, socialmente invisibile e quasi impensabile, soprattutto per le donne del campione.

Ma è sulla gestione dei figli che lo stereotipo di genere emerge in tutta la sua forza e, di fronte alla scelta di come affrontare l’arrivo di due gemelli, solo il 6% del campione femminile ipotizza che possa essere l’uomo a prendersi una pausa lavorativa per seguire la crescita dei figli, a fronte del 14,3% del campione maschile che ipotizza la stessa soluzione. Che sia la donna a restare a casa per prendersi cura dei figli è la risposta indicata dalla maggioranza del campione (ma ancora una volta con percentuale maggiore da parte delle donne 41,2% rispetto agli uomini 36,1%).

Rispetto alla proiezione sulle generazioni future, alla domanda su quali saranno gli interessi dei due figli dei protagonisti della storia, le risposte del campione femminile come di quello maschile evidenziano come sia quasi scontato che le propensioni della figlia femmina saranno legate all’immaginario collettivo sulle classiche preferenze femminili (danza, disegno, bellezza) e quelle del figlio maschio saranno quelle tradizionali dell’universo di riferimento maschile (tecnologia, calcio e arti marziali). E sulle generazioni future, il trasmettersi dello stereotipo trasforma il genere in gabbia.

Allora forse, leggendo i dati dell’indagine, si deve concludere che davvero la donna non è (ancora) pronta a delegare la cura, intesa come l’accudire al nucleo familiare, alla casa e, soprattutto ai figli. Ma come auspicare allora una società in cui uomini e donne possano essere pariteticamente impegnati nelle professioni e nella vita sociale se non si possono immaginare pari opportunità all’interno delle famiglie, pilastri della nostra società? Come costruire un nuovo patto di genere basato su competenze, complicità e complementarietà se anche le donne (a volte più degli uomini) hanno radicati in sé, forse inconsapevolmente, i più scontati stereotipi di genere?

Le Borse di studio

Accanto all’indagine sociologica, il progetto Osservatorio Cera di Cupra di quest’anno ha voluto indagare il tema degli stereotipi di genere anche attraverso il parere delle giovani studentesse donne, istituendo un bando di concorso per l’erogazione di 12 borse di studio in collaborazione con Almed-Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Università Luiss Guido Carli di Roma, Università degli Studi di Bari Aldo Moro e Università per stranieri di Perugia.

Il Bando di concorso ha chiesto alle studentesse partecipanti un breve testo creativo sul tema ‘Pari opportunità: un’educazione priva di stereotipi’, assegnando poi 3 borse di studio per ciascun ateneo del valore di 5.000, 3.000 e

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2.000 euro alle studentesse distintesi per originalità, creatività e coerenza con il tema.

“Dalla nascita di questo progetto, sono sempre più colpita dai lavori di queste giovani donne – commenta Monica Pasetti, Direttore Generale di Farmaceutici Dottor Ciccarelli (nella foto a destra) – delle quali ho apprezzato anche quest’anno l’estrema consapevolezza e creatività. Ho letto in alcuni dei loro racconti, un alternarsi e forse un’indecisione tra la spavalderia di poter cambiare le cose e la rassegnazione di chi si augura che qualcosa cambierà per le generazioni future. Credo che molto si sia fatto ma che molto, ancora, sia da fare. A partire da noi stesse. Questo progetto è il nostro modo di essere, ancora di più, dalla parte delle donne.”

 

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