Facciamo chiarezza sulle intolleranze alimentari

Benessere

Come curare e prevenire questo “killer”. “Ciò che per alcuni è cibo, per altri è veleno” così diceva Tito Lucrezio Caro, poeta romano. “Noi siamo quello che mangiamo”, asseriva il filosofo tedesco Feuerbach.

“Dimmi cosa mangi e ti dirò come stai”. Il cibo, si sa, è un alleato di linea e benessere. “Un’alimentazione corretta – sottolinea la Dottoressa Paola Caminiti, Medico Chirurgo Nutrizionista a Saronno (VA) – aiuta a prevenire patologie croniche. Tuttavia, mangiare alimenti che non si è in grado di assimilare può dare il via ad intolleranze alimentari che, oltre a provocare la comparsa di alcuni disturbi, rallentano il metabolismo favorendo l’aumento di peso ed impedendo il dimagrimento anche se si mangia poco”.

Differenze tra intolleranze alimentari ed allergie

Nell’uso comune il significato delle parole “intolleranze alimentari” non è molto chiaro, tanto è vero che si utilizza indifferentemente il termine intolleranze ed allergie, quando si vuole descrivere una reazione avversa agli alimenti. Sono due fenomeni diversi, ma che interagiscono intensamente, contribuendo entrambi ad aumentare il tasso di infiammazione dell’organismo e a stimolare le manifestazioni allergiche. Infatti, allergie ed intolleranze alimentari sono situazioni caratterizzate entrambe da una reazione anomala nei confronti del cibo. Tuttavia, esse presentano caratteristiche nettamente distinte. In particolare, differiscono fra loro per i seguenti aspetti:

  • il meccanismo che le scatena;
  • le modalità di insorgenza;
  • la tipologia delle manifestazioni;
  • i test diagnostici per identificarle;
  • il tipo di strategia per curarle.

Le allergie si sviluppano attraverso meccanismi immunitari specifichi. In pratica, succede che uno o più alimenti ingeriti vengano riconosciuti come potenzialmente pericolosi dal sistema immunitario specifico, che quindi genera un’imponente reazione di attacco, con produzione di istamina, sostanze vasoattive ed anticorpi (immonuglubine E).

Come nascono le intolleranze alimentariDottoressa Paola Caminiti

“Il meccanismo che porta alla comparsa delle intolleranze alimentari – osserva la Dottoressa Paola Caminiti, invece è diverso dalle allergie”. Si possono identificare quattro tipi diversi di meccanismi:

Nel primo caso, l’intestino non ha (o ha perso transitoriamente) l’enzima che serve a digerire un certo alimento. Si parla allora di intolleranza enzimatica. La più frequente è il deficit dell’enzima lattasi (deputato alla digestione dello zucchero contenuto nel latte) che determina l’intolleranza al lattosio, una delle problematiche più diffuse.

Nel secondo caso, l’organismo è più sensibile del dovuto a determinate molecole contenute nei cibi, che hanno un effetto farmacologico. Per esempio: l’istamina dei pomodori e del vino rosso, oppure la tiramina del cioccolato e dei formaggi stagionati, infine la serotonina delle banane e delle noci. Si tratta, quindi, di intolleranza farmacologica o chimica.

Nel terzo caso, l’intolleranza compare quando un alimento risulta irritante sulla mucosa intestinale e la danneggia al punto da renderla incapace di svolgere la sua funzione, cioè di assorbire i nutrienti. Queste intolleranze sono le più serie perché generano le “sindromi da malassorbimento”. Le più frequenti intolleranze autoimmuni sono quelle causate da una complessa reazione immunologica provocata dal glutine (celiachia) e al fruttosio.

Le intolleranze da sovraccarico, invece non sono scatenate da meccanismo chimici o enzimatici, ma sono legate al fatto che si introducono ripetutamente determinati alimenti che, a lungo andare, rallentano la digestione ed i processi metabolici, anche se la dieta è adeguata sotto il profilo dell’apporto calorico e nutrizionale. In generale, quando si parla di intolleranze alimentari, solitamente si intendono proprio quelle da “sovraccarico”. Sono stati individuati i meccanismi che le scatenerebbero: sembra coinvolto in primis il sistema immunitario intestinale.

Cosa sono le intolleranze alimentari

Sono reazioni avverse al cibo e possono avere cause differenti. Possono manifestarsi anche a distanza di 72 ore dalla ingestione dell’alimento e colpiscono cinque-sei persone su dieci: gli effetti sono di tipo subclinico (non immediatamente evidenti). L’organismo riconosce subito “il nemico”, poi per qualche giorno “lo tiene d’occhio”, cercando dove possibile di limitare i danni dipendenti dalla sua ingestione e alla fine “scoppiando” solo se l’introduzione continua.

“Le intolleranze alimentari – specifica la Dottoressa Paola Caminiti –  sono determinate da cellule o anticorpi diversi dalle IgE (cellule Th intestinali) che insorgono dopo ore o giorni di assunzione ripetuta della sostanza alimentare. Si tratta di una sintomatologia legata alla stimolazione ripetuta nel tempo di un alimento o sostanza chimica. In genere il soggetto non è in grado di identificare quale sia la sostanza incriminata; spesso non è semplice collegare sintomi e cause scatenanti”.

I gruppi alimentari che provocano le intolleranze

  • Frumento e derivati e cereali correlati, farro, kamut, segale.

  • Latte e derivati (yogurt, latticini e formaggi).

  • Lieviti, prodotti fermentati e sale: pane, pizza, crechers, grissini, biscotti, tè, vino, aceto, ma anche il pane azzimo e i prodotti da forno senza lievito aggiunto (poiché subiscono un processo di lievitazione durante la cottura).

  • Grassi vegetali idrogenati e Nichel: prodotti alimentari in sacchetto contenenti grassi vegetali idrogenati (merendine, snack, patatine) ma anche cacao, pomodoro e kiwi.

Le intolleranze alimentari nei soggetti sintomatici ed asintomatici

Nei soggetti asintomatici, l’eliminazione della intolleranza determina un miglioramento della resa energetica e maggiore efficienza sia fisica che psichica; oltre che migliorare le capacità di difesa dell’organismo.

Nei soggetti sintomatici, l’eliminazione dell’intolleranza alimentare contribuisce al miglioramento o alla scomparsa del sintomo con possibile reintroduzione e recupero della tolleranza nei confronti dell’alimento temporaneamente escluso dalla dieta.

Disturbi legati alle Intolleranze Alimentari

La reazione infiammatoria è un processo attivato dal sistema immunitario che stimolerà attraverso i linfociti, una reazione generalizzata nell’organismo. Questo meccanismo sta alla base del motivo per cui i sintomi di un’intolleranza alimentare possono coinvolgere organi ed apparati lontani dall’intestino sui quali possono esercitare un’azione scatenante. Eccoli: Sistema Nervoso Centrale, Orecchio,Naso, Bocca/Gola, Polmoni, Apparato digerente, Apparato genitourinario, Apparato cardiovascolare, Pelle, Muscoli e articolazioni.

Sono moltissime le evidenze scientifiche che sottolineano il legame tra intolleranze alimentari ed aumento di peso, e tra intolleranze alimentari e stato infiammatorio. Per questo è importante individuare il gruppo di sostanze al quale si reagisce e controllarne l’assunzione. Eliminare tali alimenti dalla dieta contribuisce al miglioramento metabolico e facilita la perdita di peso.

Il colon irritabile può essere una spia

Il colon irritabile è una condizione di alterata motilità del colon con conseguenti sintomi di crampi, dolore, gonfiore, stipsi alternata a diarrea. Tra le varie cause possibili anche le intolleranze alimentari; il colon irritabile migliora seguendo diete che escludono certi alimenti (spesso il latte).

In particolare uno stile alimentare sregolato favorisce lo sviluppo di una flora microbica alterata (disbiosi) che determina fenomeni di fermentazione e/o putrefazione intestinale. Alcuni sintomi come la cattiva digestione, la stanchezza o un senso di malessere generale possono anche non dipendere dalle intolleranze alimentari, ma da cause molto diverse.

Le intolleranze alimentari possono provocare problemi di infertilità

L’intolleranza alimentare può causare una diminuzione delle probabilità di impianto dell’embrione, aborti ricorrenti e ritardo di crescita intrauterina. L’assunzione di cibi non tollerati provoca un’infiammazione cronica e quindi una risposta immunologica esagerata che può essere dannosa per la maturazione degli ovuli. Inoltre, una problematica di malassorbimento, anche se non percepito dalla paziente, può portare ad un deficit di vitamina D e K, di ferro, acido folico ed altri oligoelementi essenziali all’organogenesi del feto.

Molti credono di soffrirne, spesso le confondono con disturbi differenti

Come individuare le intolleranze alimentari?

“In primo luogo, bisogna capire se sono davvero tali. Molto spesso è solo una forma di colite che passa con un po’ di dieta – chiarisce la Dottoressa Paola Caminiti. Alimenti come i legumi e le brassicacee (verze e cavolfiori) scatenano fenomeni normalissimi di fermentazione. L’abitudine di chiudere il pasto con la frutta può aumentare il gonfiore intestinale senza che vi sia un’intolleranza: mangiata a stomaco vuoto, come spuntino, passerebbe rapidamente nell’intestino, senza fermentare. Cattiva digestione, stanchezza o un senso di malessere generale possono anche non dipendere dalle intolleranze alimentari, ma da cause diverse”.

Come accertarle? Per scoprirle basta un test

Ma come scoprire questa “liaison dangereuse” fra il sistema immunitario ed un particolare alimento?

Una delle tecniche più affidabili per identificare le intolleranze alimentari è il “Cyto Test”. In seguito ad un prelievo sanguigno, si mescolano “in vitro” il siero ed i leucociti del paziente con gli estratti alimentari nei confronti dei quali si vuole stabilire l’intolleranza. L’analisi è effettuata mediante un microscopio ottico con il quale si valuta sia la quantità dei leucociti lesionati sia il tipo di danno subito: rigonfiamento, deformazione o rottura.

In base al Cyto Test gli specialisti suggeriscono ai pazienti la dieta. Dieta che deve recuperare l’ “amicizia con i cibi”, cioè la “tolleranza” verso gli alimenti e ridurre l’effetto dell’infiammazione. Gli alimenti “sospetti”, verranno permessi soltanto in alcuni giorni della settimana per un certo periodo di tempo e successivamente reintrodotti anche gli altri giorni fino a recuperare un’alimentazione “normale”.

Recuperare la “tolleranza” con la dieta a rotazione

Il fine di una dieta di rotazione, non è quello di eliminare degli alimenti “cattivi” che non esistono, ma è quello di sviluppare il massimo livello di tolleranza immunitaria possibile verso il maggior numero di alimenti (antigeni alimentari).

“Dal punto di vista psicologico la rotazione – puntualizza la Dottoressa Paola Caminiti – è assolutamente gratificante, il fatto stesso di non avere un’eliminazione totale degli alimenti rende la dieta molto più sostenibile e meno difficoltosa. La velocità del reinserimento dipende dalla sintomatologia di ciascuno, per questo è consigliato un monitoraggio dei controlli periodici, in modo da stabilire ogni volta come e quanto ampliare la dieta. L’obiettivo finale è ritrovare la tolleranza immunologica ed aumentare la varietà delle proprie scelte alimentari”.

Per concludere sulle intolleranze alimentari

Ogni singolo individuo può essere “allergico-intollerante” ad un particolare, specifico alimento. Se un soggetto presenta una qualche patologia e ha già svolto svariate indagini per scoprire la causa del suo male, senza riuscirci può essere utile un approccio “ecologico”, ovvero un’attenzione particolare agli inquinanti come: prodotti chimici, gas di scarico, scorie tossiche industriali. In pratica quello che “stiamo” facendo al nostro cibo, alle nostre acque ed al nostro ambiente: come reagisce il nostro fisico di fronte a patologie causate dagli inquinanti ambientali, purtroppo in continua crescita?

Con la consulenza della Dottoressa Paola Caminiti, Medico Chirurgo Nutrizionista a Saronno (VA) – www.caminitipaolamedicalspa.com

 

Stefania Bortolotti

 

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