Lupus

Lupus, basta un’iniezione a settimana

Lupus, niente più day-hospital, ricoveri, trasferimenti. Per tenere sotto controllo il Lupus eritematoso sistemico (LES) bastano una penna e venti secondi di tempo. La penna si appoggia su pancia o coscia e, con un clic, rilascia la terapia sotto la pelle. Il trattamento va ripetuto solamente ogni settimana.

L’innovazione, da poco disponibile anche in Italia, è destinata a cambiare radicalmente il vissuto dei pazienti con il LES in cura con belimumab, il primo e al momento ancora unico anticorpo monoclonale indicato nella cura della malattia. Belimumab è disponibile in Italia dal 2013 e ha rappresentato una prima svolta nel trattamento di una patologia fino ad allora orfana di cure specifiche. Fino ad oggi, veniva somministrato attraverso un’infusione endovenosa lenta, della durata di un’ora, inizialmente ogni due settimane e, dopo il primo mese, ogni quattro. Logicamente l’endovena viene fatta in ospedale, anche perché il dosaggio è legato al peso corporeo e la fiala deve essere ricostituita ogni volta. La nuova formulazione sottocutanea mette a posto le cose, prima di tutto rappresenta la soluzione per quei pazienti che per vari motivi hanno problemi con l’endovena, oltre naturalmente a portare benefici addizionali legati alla praticità di autosomministrazione in un contesto non ospedaliero e senza il vincolo del peso: il dosaggio della “penna” è infatti fisso.

Siamo dunque di fronte ad un importante passo avanti per la qualità di vita del malato, che si associa inoltre a risparmi per il servizio sanitario nazionale: nessun calcolo della dose per ogni paziente, né ricostituzione della fiala e diluizione in sacca infusionale; nessun costo legato all’utilizzo di una poltrona/lettino infusionale; predittività del budget resa possibile dal dosaggio fisso della formulazione sottocutanea; conseguente liberazione di risorse e di tempo per le strutture ospedaliere e gli operatori sanitari.

Il Lupus eritematoso sistemico è una malattia cronica autoimmune, che si manifesta con lesioni infiammatorie. Può colpire qualsiasi tessuto o organo nello stesso paziente. Ad oggi non esiste una causa specifica della malattia. Possiamo a ragion veduta parlare di una patologia multifattoriale, caratterizzata dalla comparsa di una risposta del sistema immune contro i propri costituenti e con interessamento potenziale dell’intero organismo. L’esempio paradigmatico è rappresentato dalla produzione di autoanticorpi diretti contro i componenti (antigeni) del nucleo cellulare. Non esiste dunque una causa unica ma più fattori che concorrono alla sua insorgenza. La diversa combinazione di questi fattori è a sua volta responsabile della variabilità del quadro clinico e della gravità della malattia lupica. A partire dalla predisposizione genetica (sono oltre venti i loci cromosomici contenenti geni associati al LES), per arrivare agli stimoli ambientali: infezioni virali, raggi UV, sostanze tossiche, steroidi sessuali, prolattina, possono agire da fattori scatenanti; e alle anomalie immunitarie.

Il LES, pur essendo una patologia rara, è diffuso in tutto il mondo con percentuali di prevalenza variabili nelle diverse aree geografiche. In termini generali colpisce più le persone di colore e gli orientali rispetto alla razza caucasica. In Europa la prevalenza è di circa 15-50 casi ogni 100.000 abitanti, mentre l’incidenza va da 2 a 8 casi per 100.000. I valori sono mediamente più bassi in Europa rispetto agli Usa, ma nel vecchio continente il tasso di prevalenza appare più elevato in Italia e Spagna. Purtroppo su questo dato incide la scarsa tempestività nella diagnosi, spesso complessa anche per l’oggettiva difficoltà di sospettare la presenza della patologia in pazienti che presentano una sindrome di difficile definizione clinica. Altra cosa da tenere in considerazione, è di fatto una patologia di genere. La frequenza è maggiore nel sesso femminile, con un rapporto di 9 a 1. Il rapporto si riduce però a 2 a 1 nei bambini e in età postmenopausale, a conferma del ruolo dei fattori ormonali nella patogenesi della malattia. Anche per questo, l’esordio della malattia è più frequente tra i 15 e i 44 anni.

 

Stefania Bortolotti

 

 

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