Jean-Auguste Dominique Ingres e la vita artistica al tempo di Napoleone

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Considerato come un inclassificabile, percepito come l’erede di Raffaello e allo stesso tempo come il precursore di Picasso, realista e manierista nel contempo, Jean-Auguste-Dominique Ingres affascina per le sue esagerazioni espressive e per il suo gusto del vero.

Nacque a Montauban il 29 agosto 1780 da Jean-Marie-Joseph (1755-1814) e da Anne Moulet (1758-1817). Il padre, abile decoratore e miniatore, valorizzò con il suo insegnamento  il precoce talento di Jean-Auguste-Dominique già evidente all’età di sei anni. La famiglia si trasferì a Tolosa nel 1791, nella Francia meridionale, vicino al confine spagnolo, luogo distante dagli eventi politici e sociali legati alla Rivoluzione francese, in fermento con la formazione della monarchia costituzionale e l’instaurazione della Repubblica, sino all’ascesa di Napoleone Bonaparte.

A Tolosa, il giovane Ingres proseguì gli studi alla Royal Academy of Art sotto la guida di Guillaume- Joseph Roques (1757-1847), grande estimatore di Raffaello Sanzio (1483-1520). Ingres venne anch’egli influenzato da Raffaello ed inoltre si accostò affascinato allo studio della Roma delle antichità, dove vent’anni prima Jacques-Louis David (1748-1825) aveva iniziato la rivoluzione neoclassica in pittura. Dopo aver riportato il primo premio di disegno all’Accademia di Tolosa nel 1797, Ingres decise di trasferirsi a Parigi per studiare arte al seguito di Jacques-Louis David e apprese in questo ambiente gli ideali neoclassici, sviluppando la sua particolare armonia delle linee tenui e nell’utilizzo del colore. Lo scopo di Ingres fu quello di perseguire l’ideale di purezza formale ed eleganza. Henri Matisse (1869-1954) affermò che Ingres fu il primo artista ad usare colori puri, delineandoli, senza tuttavia alterarli, animato dall’impulso di penetrare il segreto del Bello Naturale e di reinterpretarlo con i propri mezzi. Fu così che nacque un’arte unica, veramente personale, ammirata sia dai cubisti per la sua autonomia plastica, che dai surrealisti per le sue qualità visionarie.

Ingres  fu apprezzato anche per le sue doti musicali con il violino: suonò per i quartetti per archi di Beethoven con Niccolò Paganini. In una lettera del 1839 Franz Liszt (1811-1886) definì il suo talento “incantevole”.

Pur subendo significativamente l’influenza del neoclassicismo di David, Ingres  gli rimproverò l’enfasi, la mancanza di spontaneità, pesanti elementi barocchi superflui. Raffaello, invece, per Ingres  fu sinonimo di grazia, eleganza e semplicità.

Ingres stabilì le norme essenziali dello stile neoclassico: contorni netti ed essenziali, composizioni molto equilibrate e simmetriche, prive di elementi superflui. Uno stile pittorico personale e immutabile, rivelato soprattutto nelle opere dedicate al tema del nudo femminile, come la “Grande bagnante”, la “Grande odalisca”, la “Sorgente” e “Il bagno turco”. Ingres trascorse  quasi venticinque anni in Italia e questo lungo soggiorno a contatto diretto con la nostra arte ebbe ripercussioni di enorme importanza sulla sua opera. Drammatico è il dipinto “La morte di Leonardo da Vinci” che Ingres dipinse a Roma nel 1818.

Ingres Jean-Auguste-Dominique (1780-1867). Paris, musée d’Orsay. RF2521.

Palazzo Reale a Milano, dal 12 marzo al 23 giugno 2019, presenta la mostra Jean-Auguste-Dominique Ingres e la vita artistica al tempo di Napoleone, promossa dal Comune di Milano-Cultura e prodotta da Palazzo Reale e Civita Mostre e Musei, in collaborazione con StArt e il Museo Ingres di Montauban. La mostra è curata da Florence Viguier Dutheil, Conservatore Capo del Patrimonio e Direttrice del Museo Ingres di Montauban e si avvale di un Comitato Scientifico composto da Adrien Goetz, membro dell’Institut de France-Académie des Beaux-Arts, Stéphane Guégan, storico dell’arte, Frédéric Lacaille, Conservatore del Musée National du Chateau de Versailles, Isabella Marelli, Curatrice della Pinacoteca di Brera e Gennaro Toscano, Professore universitario e consulente scientifico e culturale presso la Biblioteca Nazionale di Francia Richelieu. Questa mostra documenta la grande varietà stilistica e tematica del “nuovo classicismo”, il percorso espositivo si sviluppa in varie sezioni. La prima parte mette in evidenza l’invenzione del nuovo linguaggio figurativo fra l’Ancien Regime e la Rivoluzione Francese di cui è protagonista David insieme ai suoi allievi più vicini con un lessico fatto di corpi virili e di una grande energia. Ma l’ “uomo nuovo” che questi dipinti intendono rappresentare  si esprime anche attraverso l’evoluzione del ritratto. Una sorta di preromanticismo verrà a controbilanciare l’esaltazione del cittadino devoto ai suoi compatrioti. Girodet incarna questa svolta, precedendo Gros e Prud’hon nell’esplorazione del fantastico, del dramma e del ripiegamento melanconico. Per arrivare al sorprendente “Sogno di Ossian”, uno dei capolavori di Ingres esposti in mostra. Fenomeno decisivo, lo slancio e il successo delle donne pittrici e in particolare di Elisabeth Vigée Le Brun (1755-1842), dal 1774 ritrattista ufficiale della regina Maria Antonietta.

Solenne e magnifico il ritratto di Napoleone in costume sacro, preceduto da una serie di disegni preparatori di Ingres. La mostra comprende oltre 150 opere, di cui più di 60 dipinti e disegni del grande maestro francese, riunite grazie a prestiti internazionali da alcune delle più grandi collezioni di tutto il mondo; il nucleo più corposo proviene dal museo di Montauban, che da gennaio 2017 ha chiuso per un grande progetto di modernizzazione e che approssimativamente durerà per due anni.

Jean Auguste Dominique INGRES e la vita artistica al tempo di Napoleone

Milano, Palazzo Reale – Primo Piano Nobile

12 marzo 2019 – 23 giugno 2019

A cura di Florence Viguier-Dutheil

Catalogo Marsilio Editori

Info mostra  199.15.11.21 (dal lunedì al venerdì 9.00 – 18.00; il sabato 9.00-12.00)

Dall’estero: 02.89096942

www.mostraingres.it –  mostre@civita.it

orari: lunedì 14.30-19.30, martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9.30-19.30, giovedì e sabato 9.30-22.30

La biglietteria chiude un’ora prima.

 

Judith Maffeis Sala

 

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