La sindrome dell’abbandono

La sindrome dell’abbandono

La sindrome dell’abbandono

di Laura Rivolta, psicologa – psicoterapeuta

www.laurarivolta.net

Durante le feste, come la Pasqua appena conclusa, percepiamo con maggior forza il valore degli affetti e dell’amore. Il bisogno di stare con le persone care sale di intensità, tanto da portarci spesso a chiedere: cosa accadrebbe se la nostra rete di affettività relazionale venisse a meno?

La sindrome dell’abbandono

Viviamo in un’epoca di iper connessione, nella quale le opportunità di contatto si moltiplicano: creare opportunità per costruire rapporti interpersonali non è mai stato così semplice… eppure in molti vivono la paura dell’abbandono.

In alcuni si manifesta come una vera e propria sindrome, in grado di compromettere la qualità della vita di chi ne soffre, come di chi la subisce, in modo significativo.

La sindrome dell’abbandono

Il timore di essere abbandonati dalle persone che amiamo è un denominatore comune a tanti, ma è solo quando la paura diventa ingestibile e condiziona gravemente la vita affettiva che possiamo parlare di sindrome dell’abbandono.

Si manifesta attraverso un ampio spettro di emozioni e comportamenti che vanno dal semplice disagio alla disperazione più acuta.

Caratterizza persone che a causa di traumi infantili (perdite o separazioni reali precoci) o esperienze negative passate faticano a darsi valore, pensando di non essere meritevoli di amore. Questo fa sì che nelle relazioni affettive sviluppino vere e proprie dipendenze emotive dall’altro. Tendono a non avere fiducia in se stessi, nelle proprie possibilità, capacità, risorse, per questo dipendono dall’altro. Chi ne soffre agisce comportamenti anche distruttivi.

Dietro la paura dell’abbandono si cela la paura della solitudine. Queste persone sono convinte che, per quanto la relazione sentimentale sembri andare bene, sia destinata al fallimento. Nelle relazioni sentimentali si sentono emotivamente dipendenti dal partner, che le fa sentire importanti ed amate: quando l’amore viene a mancare il sentimento di smarrimento è totalizzante.

Alcune persone che soffrono di sindrome dell’abbandono arrivano a non voler più nessuno accanto per evitare di essere abbandonati. La paura di non essere capaci di governare emozioni legate alla perdita le porta ad abbandonare l’altro anche se la relazione non presenta problematiche: pur di non subire la frustrazione o il dolore di essere lasciati preferiscono lasciare per primi.

Diceva Roland Barthes: “la paura della perdita è come fosse una perdita già avvenuta, perché non permette di vivere il qui ed ora la relazione ma proietta quest’ultima nel passato abbandonico ed in un futuro simile”.

Chi soffre di questa sindrome inconsciamente non si sente realmente all’altezza di essere meritevole di amore e soprattutto di accettazione da parte dell’altro.

Molte persone che vivono la sindrome dell’abbandono, anche belle donne o uomini affascinanti, vanno a cercare in modo più o meno inconsapevole relazioni difficili o problematiche che esitano in rotture o comunque in un vissuto di frustrazione e sofferenza. Finiscono per essere seriali nella scelta di partner impossibili, collezionando fallimenti relazionali, inconsapevoli di agire sempre le stesse dinamiche.

Altre preferiscono un’altra via, mettendo in atto dinamiche di difesa con il fine di impedire si essere abbandonate pur sortendo l’effetto opposto. Questo avviene tramite strategie negative di eccessivo aggrappamento all’altro, controllando e soffocando il partner con richieste di conferme affettive.

Consigli per superare la sindrome dell’abbandono.

  • Il primo fondamentale passo da compiere: ammissione e riconoscimento. Solo acquisendo consapevolezza emotiva sulla paura che ci affligge potremo imparare a gestirla e superarla. Si deve quindi contrastare il primo e impellente istinto di fuga dinanzi a questi sentimenti, per affrontarli nella loro vera natura e consistenza;
  • Evitare partner instabili o poco desiderosi di impegnarsi anche se suscitano forte attrazione;
  • Cercare di capire, volgendosi al passato, l’origine del vissuto di abbandono;
  • Perseguire percorsi/programmi a breve e medio termine;
  • Concentrarsi in iniziative orientate a combattere la tendenza a soffrire più del necessario. Ad esempio: obbligandosi a fare, anche se non si ha voglia, quanto si faceva prima con il partner, come andare al cinema anche da soli, fare shopping, incontrare amici, iscriversi a corsi, fare sport. Non importa il cosa fare, ma il cominciare;
  • Agire, fare, per contrastare la sofferenza della perdita e conoscere nuove persone;
  • Comportarsi “come se” fare qualcosa ci piacesse o interessasse. Un antico proverbio recita che l’appetito vien mangiando. Come questo, molti altri sentimenti emergono per emulazione, conoscere questo meccanismo e attivarlo a nostro vantaggio è indispensabile.

Nel lungo termine è importante altresì incrementare i livelli di autostima e autonomia, da cui la necessità di ridurre la dipendenza affettiva e operativa nei confronti di altri.

Gettare le basi per una rinascita interiore, per l’emancipazione dal timore di essere abbandonati, porta ad una maggiore consapevolezza di sé e delle proprie scelte, rinforza la propria solidità emotiva come il senso del valore personale, fornendo progetti chiari in cui investire e dirigere le proprie energie. Non è un percorso semplice, ma rappresenta la migliore opportunità per concentrarsi su di sé e sui propri bisogni senza che le paure ci impediscano di cogliere il meglio di quanto la vita è in grado di offrire.

 

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