Udine, un evento innovativo sulla Leucemia Mieloide Cronica
Emozioni condivise tra medici e pazienti affetti da Leucemia Mieloide Cronica per raccontare la malattia…
Timori, ansia, diagnosi, terapia, monitoraggio, ricaduta, sopravvivenza, guarigione: sono parole che segnano in modo indelebile il percorso di cura e la quotidianità dei pazienti affetti da Leucemia Mieloide Cronica.
Parole dietro le quali si celano vissuti emozionali profondi e latenti. Farli emergere attraverso un dialogo diretto tra medico e paziente è stato l’obiettivo dell’evento “Le parole che abbiamo in comune”, svoltosi il 27 maggio scorso a Udine. L’iniziativa è stata promossa da Novartis (www.novartis.it) in collaborazione con la Clinica Ematologica dell’Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Udine (www.ospedaleudine.it) ed è stata la prima tappa di un ciclo di incontri in programma in tutta Italia.
Grazie a un format innovativo, in ogni incontro gli specialisti ematologi e i pazienti con Leucemia Mieloide Cronica si sono confrontati sulle parole chiave che caratterizzano le fasi del percorso di cura, condividendo i significati e le emozioni evocate da queste “parole comuni”.
Un modo per abbattere le barriere tra medici e pazienti e costruire un rapporto di fiducia. La Leucemia Mieloide Cronica è stata, tra le malattie del sangue, tra le prime a beneficiare della rivoluzione legata all’avvento delle terapie mirate che dall’inizio degli anni 2000 hanno aumentato la sopravvivenza e avvicinano sempre più la speranza della guarigione.
«Indubbiamente nell’ultimo decennio noi ematologi abbiamo assistito a un cambiamento rivoluzionario che ha portato a successi prima insperati come la guarigione per alcuni pazienti o a una lunga sopravvivenza per molti altri e, per tutti, a un miglioramento della qualità della vita – ha dichiarato Mario Tiribelli, Clinica ematologica dell’Ospedale di Udine – tutto questo grazie all’arrivo di farmaci innovativi e al miglioramento delle conoscenze nell’ambito della Leucemia Mieloide Cronica che rappresentano e resteranno un modello formidabile per una sempre migliore caratterizzazione clinico-biologica delle malattie del sangue e per lo sviluppo di nuovi farmaci mirati. Siamo passati da una malattia nella quale la terapia era ‘per sempre’ a una malattia in cui può essere ‘sospesa’ la terapia. Oggi non guardiamo più solo alla risposta e al controllo della malattia, ma alla qualità di vita e soprattutto alla sopravvivenza dei pazienti, che rimane comunque il primo obiettivo. Si è trattato di un’evoluzione incredibile in pochi anni e il futuro ci riserva ancora molte sorprese». La Clinica Ematologica di Udine, Centro di riferimento per l’ematologia dell’adulto per la Regione Friuli Venezia Giulia, è una struttura di elevata competenza e forte attrazione sia per il Friuli Venezia Giulia sia per il Veneto orientale che per le Regioni limitrofe, coprendo un bacino di oltre un milione e mezzo di abitanti. «Il 90% dei pazienti che vediamo afferisce dal Friuli Venezia Giulia e dal Veneto – ha affermato Tiribelli – seguiamo oltre 200 pazienti totali, sono oltre 170 i pazienti affetti da Leucemia Mieloide Cronica in terapia e monitoraggio, con 10-15 nuovi casi ogni anno. E proprio grazie ai successi terapeutici il numero dei pazienti che possiamo trattare è in crescita costante».
La struttura, oltre a seguire l’attività clinica, si compone di un centro trapianti di cellule staminali emopoietiche e di laboratori ed è molto attiva nella ricerca anche sperimentale, partecipando a studi nazionali ed internazionali, consentendo così ai pazienti di aderire ai farmaci più innovativi.
Oggi la Leucemia Mieloide Cronica può essere trattata anche con gli inibitori di seconda generazione della tirosin-chinasi, e in tal senso la Clinica Ematologica dell’Ospedale di Udine ha maturato una grande esperienza, grazie ai quali è possibile raggiungere una risposta molecolare sempre più profonda.
L’iniziativa “Le parole che abbiamo in comune”, che la Clinica Ematologica di Udine ha ospitato, è arrivata sulla scia di altri progetti e incontri tra gli specialisti e i pazienti con Leucemia Mieloide Cronica, ed è quindi l’evoluzione naturale di un discorso già aperto con i pazienti sulla qualità della vita, sulla possibilità di sospendere la terapia e, in particolare, sul rapporto medico-paziente che viene coltivato perché alla base del lavoro di squadra e nell’interesse dello stesso paziente.
Stefania Bortolotti
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