Settimana dell’Earth Day – Digitale, sostenibilità e cambiamento climatico: urgenti nuovi modelli di sviluppo e governance territoriale
- Il divario piccoli centri-grandi centri soppianta quello nord-sud
- 1 cittadino su 2 non conosce o conosce poco il concetto di sostenibilità
- Il 61% riconosce al digitale un ruolo importante nel promuovere lo sviluppo economico
Digitale e sostenibilità sono argomenti che sempre di più entrano nel dibattito pubblico quotidiano. Ma per riuscire ad impattare concretamente i comportamenti dei cittadini ed intraprendere un vero processo virtuoso verso la salvaguardia del nostro Pianeta, è necessario che gli italiani siano prima di tutto consapevoli, poi competenti e infine mettano in atto comportamenti virtuosi relativi a sostenibilità e digitalizzazione.
“Conoscere le tecnologie per comprenderne le potenzialità è l’elemento chiave per la sostenibilità digitale. Ecco perchè il confronto sulla sostenibilità digitale, portato avanti dalla Fondazione per la Sostenibilità Digitale, è molto importante per le imprese che possono svolgere un ruolo significativo nel promuovere un cambiamento che produca effetti positivi.” – ha introdotto il Convegno l’On. Adolfo Urso, Ministro delle Imprese e del Made in Italy.
“Siamo tutti chiamati a riflettere sul grado di consapevolezza che abbiamo e su quanto sia importante praticare la sostenibilità anche nel mondo del digitale. Spesso, e lo ha mostrato la Fondazione con le sue ricerche, i cittadini non hanno la piena consapevolezza di quale sia l’impatto delle tecnologie sulla loro vita e cosa significhi sostenibilità digitale. Il lavoro importantissimo della Fondazione è quello di aiutare ad accendere un faro su questo tema e di stimolare la consapevolezza.” – dichiara l’On. Anna Ascani, Vicepresidente della Camera dei Deputati.
Dati che emergono dalla ricerca dell’Osservatorio della Fondazione per la Sostenibilità Digitale “Cosa pensano gli italiani del rapporto tra sostenibilità e digitale?” realizzata in collaborazione con l’Istituto San Pio V e presentata quest’oggi nel corso del convegno annuale della Fondazione, organizzato in occasione della settimana dell’Earth Day. I dati raccolti sono stati successivamente analizzati utilizzando l’indice DiSITM (Digital Sustainability Index), ideato dalla stessa Fondazione.
“La particolarità della rilevazione di quest’anno è che abbiamo messo a confronto in ogni Regione le grandi città con i comuni più piccoli. Il nostro obiettivo è stato quello di analizzare il cambiamento nel modo in cui gli Italiani che abitano nelle grandi città vivono le tecnologie digitali ed il concetto di sostenibilità rispetto a quanti invece si trovano nei comuni più piccoli: quelli sotto i 3.000 abitanti. Il risultato è che rispetto a questi temi ci troviamo di fronte a due Italie, ma non sono quella del nord e quella del sud, ma quella dei grandi comuni e quella dei piccoli comuni” – afferma Stefano Epifani, Presidente della Fondazione per la Sostenibilità Digitale, a commento dei risultati della ricerca.
“L’Istituto di Studi Politici San Pio V, con questa partnership strategica con la Fondazione per la Sostenibilità Digitale, pone il focus sul ruolo strategico delle twin transition rispetto all’evoluzione sociale ed economica contemporanea. Studiamo assieme i modelli di percezione degli italiani sui temi della sostenibilità e della tecnologia digitale per tracciare l’evoluzione di un fenomeno dal quale dipende la competitività del paese: la focalizzazione sulla differenza tra città metropolitane ed aree interne che abbiamo dato quest’anno allo studio fornisce letture particolarmente utili alle Istituzioni per comprendere come costruire il rapporto con i Cittadini e sviluppare politiche di coesione” – spiega Paolo De Nardis, Presidente dell’Istituto di Studi Politici San Pio V.
L’indagine evidenzia, ad esempio, come ben il 34% degli abitanti delle grandi città abbia una conoscenza limitata o nulla del concetto di sostenibilità: un italiano su tre. Ma questa percentuale sale di quasi 20 punti percentuali, al 53%, se i considerano i comuni con meno di 3000 abitanti. In altri termini un italiano su due che vive nei piccoli centri (e, lo ricordiamo, l’80% dei comuni italiani è al di sotto dei 3000 abitanti) non sa cosa sia la sostenibilità. Un gap difficile da colmare se prendiamo in considerazione gli obiettivi contenuti nella Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile di Benessere Italia, l’organo della Presidenza del Consiglio cui spetta il compito di coordinare, monitorare, misurare e migliorare le politiche di tutti i Ministeri nel segno del benessere dei cittadini. È quindi evidente come la necessità di aumentare la consapevolezza su questo tema rimanga una grande sfida sia per le aree urbane più grandi che per quelle più piccole ed un grande tema per le Istituzioni nell’elaborazione di nuove politiche territoriali, della realizzazione di nuovi modelli di sviluppo e della governance territoriale.
Emerge anche un altro dato preoccupante dalla ricerca, ovvero una grande difficoltà da parte dei cittadini italiani nel guardare al digitale come strumento al servizio della sostenibilità, sia essa ambientale, economica o sociale. E anche in questo caso la difficoltà è inversamente proporzionale alla dimensione della zona di residenza. “Si arriva così al paradosso che quei servizi che dovrebbero e potrebbero essere più utili proprio agli abitanti dei comuni più piccoli sono meno conosciuti e meno utilizzati proprio da questa fascia di popolazione: i casi più eclatanti sono quelli della pubblica amministrazione digitale e della sanità” – evidenzia ancora Epifani.
“La sostenibilità digitale rappresenta una leva fondamentale per una pubblica amministrazione che voglia rispondere alle sfide di fronte alle quali è posta. Anche per questo ne abbiamo fatto uno dei principi guida del nostro piano triennale. Abbiamo infatti avviato un percorso di collaborazione con la Fondazione per la Sostenibilità Digitale per portare modelli, criteri e principi orientati all’utilizzo della trasformazione digitale per lo sviluppo sostenibile all’interno della pubblica amministrazione, anche facendo leva su una risorsa fondamentale come quella della rete degli RTD” – evidenzia Mario Nobile, Direttore Generale dell’Agenzia per l’Italia Digitale.
LA RICERCA: DATI GENERALI
Andando ad analizzare i dati del DISITM delle città più grandi di ogni Regione (le città metropolitane o, quando non ci sono, i Comuni maggiori) e dei comuni più piccoli, emerge come, più evidente del divario tra nord e sud, ci sia un divario tra grandi comuni e piccoli comuni. In altri termini consapevolezza, competenza e comportamenti degli italiani sono più simili sulla base delle dimensioni del Comune che della sua posizione geografica. Ne emerge una mappa dell’Italia che non differenzia tanto nord, centro e sud, quanto grande e piccolo. In altre parole, Roma assomiglia a Napoli, a Milano o a Palermo più di quanto non assomigli ad un piccolissimo comune del Lazio o comunque del Centro Italia. Ed il divario all’interno delle Regioni aumenta tanto di più quanto aumenta la forbice degli abitanti tra il centro più grande ed i comuni più piccoli.
I risultati della ricerca evidenziano inoltre una sostanziale convergenza tra residenti dei Piccoli e dei Grandi Centri riguardo alla percezione della tecnologia digitale come strumento utile per il perseguimento degli obiettivi di sostenibilità, sia ambientale che economica. Tuttavia, sono da evidenziare alcune differenze significative nei livelli di accordo tra i due contesti.
Per quanto riguarda la sostenibilità ambientale, si osserva che la maggioranza dei residenti dei Piccoli e dei Grandi Centri ritiene che la tecnologia digitale sia un’utile risorsa per promuovere la salvaguardia dell’ambiente. Tuttavia, c’è una differenza significativa nel grado di accordo tra i due gruppi, con il 20% dei residenti dei Piccoli Centri che lo considera “molto” utile, rispetto al 31% dei residenti dei Grandi Centri.
Analogamente, per quanto concerne la sostenibilità economica, la maggioranza dei residenti di entrambi i contesti urbani riconosce il valore della tecnologia digitale nel promuovere lo sviluppo economico e il benessere diffuso. Tuttavia, si osserva che una percentuale leggermente più alta di residenti dei Piccoli Centri si colloca nella fascia “abbastanza” utile (61%) rispetto ai residenti dei Grandi Centri (55%). Questo suggerisce una percezione comune tra le due categorie di cittadini sull’importanza della tecnologia digitale per la sostenibilità economica, pur con sfumature leggermente diverse.
In sintesi, entrambi i gruppi dimostrano un’ampia accettazione della tecnologia digitale come strumento per promuovere sia la sostenibilità ambientale che economica, sebbene con leggere variazioni nelle percentuali di accordo tra i due contesti urbani.
LA SOSTENIBILITÀ DIGITALE NEI GRANDI E PICCOLI CENTRI: C’È ANCORA MOLTO DA FARE
In generale, il 60% residenti dei Grandi Centri percepiscono la tecnologia come un’opportunità anche se con qualche rischio. I risultati evidenziano che i residenti dei Grandi Centri mostrano un atteggiamento pro-tecnologie più acritico rispetto ai residenti dei Piccoli Centri. Infatti, la percentuale di coloro che considerano la tecnologia come una grande opportunità per tutti, senza rischi o pericoli, risulta essere significativamente più alta tra i residenti dei Grandi Centri rispetto a quelli dei Piccoli Centri (35% contro il 23%). Il fatto che le persone poi non vedano sempre i rischi connessi alla tecnologia può rappresentare un grande problema. Ad esempio, se consideriamo il tema dei deep fake, vediamo come il 62% dei rispondenti dei Piccoli Centri dichiara si ritenersi in grado di riconoscere un video falso (contro il 58% nei Grandi Centri). Da qui la considerazione che, più in generale, i cittadini italiani siano meno consapevoli della diffusione e complessità di questa forma di manipolazione digitale.
Oltre a ciò, uno degli ambiti percepiti come di maggior rischio è anche, certamente, quello legato alla tutela della privacy. Nel complesso, la maggioranza dei residenti di entrambi i contesti urbani dimostra una buona consapevolezza dei potenziali rischi per la privacy legati alla condivisione di informazioni online. Tuttavia, emerge anche una discrepanza nel livello di attenzione tra i due gruppi: l’80% dei residenti dei Grandi Centri si ferma a riflettere sulla possibile violazione della privacy prima di condividere informazioni online, rispetto al 68% dei residenti dei Piccoli Centri.
QUAL È IL RAPPORTO DEI CITTADINI CON LE NUOVE TECNOLOGIE? FOCUS SUGLI STRUMENTI DI ACCESSO AI SERVIZI PUBBLICI E SULL’UTILIZZO DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE
Malgrado la maggior parte degli italiani dei grandi e dei piccoli centri ammetta che la tecnologia sia foriera di opportunità, approfondendo il tema emerge come in realtà sia chi vive nei grandi centri che chi vive nei piccoli contesti urbani ne abbia paura. La maggioranza degli intervistati sia dei grandi che dei piccoli centri concorda sul fatto che lo sviluppo tecnologico sia fonte di diseguaglianze, perdita di posti di lavoro e ingiustizia sociale. Nel complesso, il 65% dei residenti dei Piccoli Centri è convinto di ciò, mentre questa percentuale scende al 58% nei Grandi Centri.
Stesso discorso vale se si interpreta la digitalizzazione come ostacolo allo sviluppo sostenibile, con una differenza però più marcata nelle opinioni tra grandi e piccoli centri: nel complesso, il 58% degli italiani dei piccoli centri ne è convinto, contro il 44% dei residenti nelle grandi città. I residenti dei Piccoli Centri, quindi, sembrano essere leggermente più propensi a vedere lo sviluppo tecnologico come fonte di diseguaglianze, perdita di posti di lavoro e ingiustizia sociale e più propensi a considerare la tecnologia digitale un ostacolo per lo sviluppo sostenibile rispetto ai residenti dei Grandi Centri.
L’indagine evidenzia anche come gli italiani stiano sempre più utilizzando i sistemi digitali messi a disposizione dalla Pubblica Amministrazione per accedere ai servizi pubblici, anche se c’è ancora molto da fare. Stiamo parlando di SPID, utilizzato dal 54% dei residenti dei Grandi Centri e dal 34,0% dei residenti dei Piccoli Centri; CIE/CNS (Carta d’Identità Elettronica / Carta Nazionale dei Servizi), utilizzato dal 34% dei residenti dei Grandi Centri e il 28% dei residenti dei Piccoli Centri; PagoPA, utilizzata dal 28% dei residenti dei Grandi Centri e il 23% dei residenti dei Piccoli Centri. I livelli di adozione sono differenti a seconda che si risieda in Grandi o Piccoli Centri, mentre sono omogenei per tutte le aree geografiche eccetto che per il Nord Est, dove si riscontrano livelli inferiori di diffusione degli strumenti informatici.
Se guardiamo invece all’adozione degli strumenti di intelligenza artificiale generativa (chatGPT, Gemini e Copilot), l’indagine rileva che, nonostante l’hype mediatico, la loro adozione reale è molto più bassa di quanto si possa ipotizzare.
ChatGTP è lo strumento che registra percentuali maggiori di conoscenza (61%) e di utilizzo (24%). Vi è una differenza marcata nell’utilizzo regolare, con il 13% dei residenti dei Grandi Centri che le utilizza, rispetto al solo 4% nei Piccoli Centri. Per quanto riguarda invece Gemini e Copilot le percentuali di utilizzo sono molto basse, non superano il 4%.
“La ricerca evidenzia come sia essenziale considerare le variabili di digitalizzazione e sostenibilità non soltanto in termini assoluti, ma rispetto al loro ruolo differenziale in relazione alle zone dove le persone vivono. Si pensi alle politiche collegate alle aree interne, piuttosto che alle azioni finalizzate a riportare vita in quei comuni italiani che si stanno spopolando ed offrono sempre meno opportunità. O piuttosto offrono opportunità che non possono essere colte se non in una chiave di sostenibilità digitale: dal turismo all’agrifood. La sfida, oggi, è una sfida per la consapevolezza. E questo sta definendo anche la linea d’azione della Fondazione, che dopo l’Academy dedicata ai giornalisti ha attivato – in collaborazione con l’intergruppo parlamentare per l’Innovazione – una iniziativa volta a supportare, con seminari e percorsi di approfondimento, quei parlamentari che vorranno comprendere meglio le dinamiche del digitale e della sostenibilità per legiferare più consapevolmente” – conclude Epifani.
Metodologia: La rilevazione dei dati è stata effettuata dall’Istituto Piepoli, che a Marzo 2024 ha raccolto 4000 interviste con modalità CATI/CAWI su un campione rappresentativo di cittadini italiani residenti nelle città più grandi di ogni Regione (città metropolitane o grandi comuni) e nei comuni più piccoli, sotto i 3000 abitanti.
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L’elenco dei Partner e delle Università che attualmente fanno parte della Fondazione può essere consultato al seguente link
Per ulteriori informazioni o approfondimenti, visitare il sito: www.sostenibilitadigitale.it
Digital Sustainability IndexTM (DiSI):
Il DiSITM, nei suoi risultati di sintesi e nell’analisi dei componenti di dettaglio, è uno strumento utile alle Amministrazioni ed alle organizzazioni per comprendere su quali leve agire per supportare i cittadini nel percorso di comprensione del ruolo della sostenibilità digitale e dei suoi vantaggi. Esso consente infatti di capire se si debba agire sulla consapevolezza digitale e sulla leva della conoscenza delle tecnologie, se si debba invece operare per promuovere i principi culturali della sostenibilità o stimolare comportamenti sostenibili, oppure se sia necessario far capire meglio come e perché utilizzare la tecnologia specificatamente come leva per lo sviluppo sostenibile.
Digital Sustainability IndexTM (DiSI) è un indice che misura il livello di consapevolezza dell’utente nell’uso delle tecnologie digitali quali strumenti di sostenibilità. Serve cioè per misurare le correlazioni tra tre elementi dell’individuo: il livello di digitalizzazione, inteso come rapporto tra la propria competenza percepita e quella desumibile da fattori oggettivi; il livello di sostenibilità, inteso come il rapporto tra consapevolezza sul tema nelle sue dimensioni ambientale, economica e sociale ed i conseguenti atteggiamenti e comportamenti; il livello di sostenibilità digitale, inteso come la propensione dell’individuo ad utilizzare consapevolmente le tecnologie digitali come strumenti a supporto della sostenibilità.
Nella costruzione dell’indice si sono considerati quattro profili di popolazione caratterizzati da specifiche attitudini verso il digitale e verso la sostenibilità, che danno luogo a quattro quadranti:
- Sostenibili digitali: ossia coloro i quali hanno atteggiamento e comportamenti orientati alla sostenibilità ed usano gli strumenti digitali;
- Sostenibili analogici: ossia coloro i quali hanno atteggiamento e comportamenti orientati alla sostenibilità ma non usano gli strumenti digitali;
- Insostenibili digitali: ossia coloro i quali hanno atteggiamento e comportamenti non orientati alla sostenibilità, ma usano strumento digitali;
- Insostenibili analogici: ossia coloro i quali hanno atteggiamento e comportamenti non orientati alla sostenibilità, né usano strumento digitali.
Digital Sustainability IndexTM (DiSI) è un marchio registrato della Fondazione per la Sostenibilità Digitale.
Informazioni su Fondazione per la Sostenibilità Digitale:
La Fondazione per la Sostenibilità Digitale è la prima Fondazione di Ricerca in Italia che analizza le correlazioni tra trasformazione digitale e sostenibilità con l’obiettivo di supportare istituzioni e imprese nella costruzione di un futuro migliore. La sua mission è quella di studiare le dinamiche indotte dalla trasformazione digitale, con particolare riferimento agli impatti sulla sostenibilità ambientale, culturale, sociale ed economica. In quest’ottica la Fondazione sviluppa attività di ricerca, fornisce letture ed interpretazioni della trasformazione digitale, offre indicazioni operative per gli attori coinvolti, intercetta i trend del cambiamento e ne analizza gli impatti rispetto allo sviluppo sostenibile. La Fondazione agisce attraverso una struttura costituita da esperti indipendenti, istituzioni, imprese e università.
Ai soci e partner della Fondazione si affianca la Rete delle Università che costituisce il sistema di competenze al quale fa riferimento la Fondazione per lo sviluppo dei suoi progetti e che rappresenta un esempio virtuoso di collaborazione tra istituzioni ed aziende nello sviluppo di progetti e di attività dedicati alla sostenibilità digitale. Tra le Università che fanno parte della Rete, l’Università Sapienza di Roma, l’Università di Pavia, l’Università Ca’ Foscari di Venezia, l’Università degli Studi di Cagliari, l’Università degli Studi di Palermo, l’Università degli Studi di Firenze, l’Università degli Studi di Trieste, l’Università degli Studi di Perugia, L’Università per Stranieri di Perugia, l’Università di Siena, l’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo, l’Università degli Studi di Torino, l’Istituto di Studi Politici “S. Pio V”, l’Università degli Studi di Sassari, Università del Salento.
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